Lev Il’ič Mečnikov, corrispondenze da Siena e da Lucca
Recensione al libro Corrispondenze dall’Italia risorgimentale
Lev Il’ič Mečnikov è un giovane russo dell’Ottocento, colto ed intelligente, acuto, inquieto ed impaziente, studioso e sensibile ai problemi sociali. Proviene da una famiglia ricca di maggiorenti della casata degli Spadarenko di lontana origine ebraica–moldava che ha possedimenti anche in Ucraina a Charcov.
Ilja Il’ič, suo fratello minore, diverrà un famoso biologo e sarà premio Nobel 1908 per la medicina, ed anche Lev inizialmente studia medicina a S. Pietroburgo, ma poi finirà per laurearsi in fisico–matematica. A Mečnikov l’amata “grande Russia” che fin da giovanissimo già ben conosce, risulta in fondo… “stare stretta”, per cui viaggia molto all’estero, studia, e rapidamente si impadronisce di varie lingue europee ed anche dell’arabo e del turco.
Mečnikov vuole allargare i suoi già innumerevoli interessi, fra questi l’arte (avendo frequentato l’Accademia di Belle Arti a S. Pietroburgo) e quindi non potrà che finire per amare, anche e soprattutto, l’Italia, attratto dalla sua pittura, ma anche dai fermenti rivoluzionari ed unitari che agitano la Penisola; tanto che diventerà garibaldino e, partendo da Firenze con la spedizione Nicotera, parteciperà come ufficiale, dalla Sicilia in poi, a varie fasi della Campagna Meridionale, venendo infine seriamente ferito a Capua.
Mečnikov ha uno spirito di osservazione e comprensione acutissimo della realtà italiana favorito dalla sua grande preparazione culturale, dalle sue esperienze sul campo e dalla perfetta conoscenza della lingua: da ciò deriveranno le sue numerose corrispondenze dall’Italia – che non sempre riusciranno a passare del tutto indenni attraverso la censura zarista – per le riviste russe «Russkij Vestnik» e poi «Sovremennik».
Com’è noto, anche da nostre precedenti recensioni, le ricerche di queste corrispondenze di Mečnikov negli archivi russi, da parte di Renato Risaliti e dello studioso ucraino Mykola Varvarcev, porteranno alla traduzione alla cura ed alla pubblicazione, per le edizioni del CIRVI, da parte di Risaliti, dello splendido diario–reportage sulla spedizione dei Mille Memorie di un garibaldino (2007), e poi, nel 2011, di Memorie di un garibaldino russo ed altri testi e di Sull’Italia risorgimentale che riportava tre (Da Siena, Lettere dalla Maremma toscana, Aspromonte) dei tanti saggi di Mečnikov sull’Italia, scritti a Campagna conclusa.
Essendo gli altri articoli dell’intellettuale russo tuttora in via di reperimento nelle biblioteche russe e ucraine, il lavoro di Risaliti è un work–in–progress, pertanto in questo 2015 lo slavista italiano pubblica, sempre per le edizioni del CIRVI di Torino, nuovi illuminanti contribuiti di Mečnikov raccolti sotto il titolo Corrispondenze dall’Italia risorgimentale. Sono nove articoli, scritti e pubblicati fra il 1861 e il 1862 su «Sovremennaja letopis» (Annali contemporanei) allegato del «Russkij vestnik» (Messaggero russo), su cui egli aveva già pubblicato le Memorie di un garibaldino.
Queste nuove corrispondenze di Mečnikov pubblicate ora in Italia, frutto dei suoi viaggi e delle informazioni da lui tratte dalla attenta lettura dei giornali della Penisola, inviate soprattutto da Siena (dove abitualmente in questo periodo risiede ospite di garibaldini locali) o Lucca, sono spesso dei pretesti letterari per delineare, partendo dall’attualità politica, anche le caratteristiche storiche, socio–economiche e culturali di varie regioni italiane.
Seppur unitarie nel tempo (1861–62) varie sono le differenze tematiche nelle corrispondenze di Mečnikov raccolte in questo libro. Ad esempio nello scritto dedicato a Crispi e la Sicilia Mečnikov riesce a sintetizzare in modo profondo la diversità fra la religione popolare dei Siciliani e quella dei Napoletani senza trascurare le differenze dalle credenze dei Calabresi e delle altre regioni meridionali, oltre ad individuare le diversità di comportamento fra il clero e il popolo siciliano e napoletano. In quest’ultimo vede, oltre le apparenze, una profonda incredulità religiosa tale da rasentare l’ateismo, ad esempio quando i napoletani riescono persino a mercanteggiare la credenza religiosa.
In sostanza Mečnikov, oltre che la profonda, inconciliabile inimicizia fra i Siciliani e i Napoletani (che secondo lui potrà essere solo temperata nell’ambito del processo di integrazione nella costruzione della patria più grande, l’Italia) vede con tanto anticipo tutti i termini della questione siciliana, come aspetto particolare nell’ambito della più generale “questione meridionale”, e nota con acutezza tutte le peculiarità dell’Isola: «La Sicilia è uno di quei paesi in cui la verità è molto meno simile alla verosimiglianza; essa in tutti i sensi se ne sta sola soletta e farsene un concetto in analogia con altre parti del mondo – in particolare con le restanti province italiane – è impossibile».
Mečnikov porta ad esempio invece, l’atteggiamento del clero siciliano, in gran parte favorevole al moto nazionale, diversamente a quello di tutto il resto dell’Italia, fortemente contrario. I Siciliani per Mečnikov hanno sopportato con i Borboni del Regno delle Due Sicilie la perdita dell’autonomia tanto cara al loro clero, ma se con l’Unità il governo nazionale non verrà loro incontro, questa apparente assenza potrà tramutarsi in un vasto movimento indipendentista. Mečnikov quindi si rende pienamente conto che la Sicilia presenta tutti i termini di una questione nazionale che può e deve essere affrontata con una politica che tenga conto delle sue oggettive ed originali peculiarità e viceversa nota invece che Crispi, con il suo schema ottusamente tout–court unitaristico e la sua tendenza a risolvere i problemi con la forza, non si dimostra creativo e attento alle particolarità della sua isola natale. Anche in questo caso Mečnikov dimostra una perspicacia e una esattezza di analisi fuori del comune ed è un anticipatore geniale di una elaborazione che verrà successivamente da parte delle menti più creative e aperte come ad esempio dalle successive indagini di Antonio Gramsci.
In altra corrispondenza Mečnikov si sofferma su un particolare aspetto della politica piemontese: quello che ad esempio lui rappresenta analizzando il rapporto fra Cavour e Rattazzi. Per Mečnikov sono due uomini che, per creare le condizioni di avanzamento civile degli Stati sardi, non avevano esitato a fare rinunce serie rispetto alle loro concezioni originarie per trovare un punto medio di incontro. Mečnikov, poco dopo la morte del conte Cavour, riconosce la genialità della sua opera e quindi ne constata la superiorità su Rattazzi, l’uomo della borghesia imprenditoriale che aveva accettato di sacrificare alcune pretese della classe che rappresentava per permettere la governabilità dello Stato piemontese assieme ad una nobiltà che si stava imborghesendo e della quale Cavour era un alto rappresentante. In ciò – come nota Risaliti – Mečnikov intravede una caratteristica che diventerà una costante della storia italiana e cioè “il connubio” fra il centro destra e il centro sinistra.
Del banditismo italiano Mečnikov parla invece nel VI capitolo, soffermandosi su coloro che vi entrarono, dagli sbandati ai clerico–borbonici convinti, e senza infingimenti, da buon laico e fiero anticlericale, ne individua i finanziatori e gli organizzatori nella Curia romana ed in Francesco II.
Analizzando invece le vicende senesi e la locale contesa fra liberali e clericali dopo l’ufficiale proclamazione dell’Unità del 1861, Mečnikov ci introduce nel pieno della lotta politica italiana nel suo corso. La battaglia per il raggiungimento di una concreta e reale unità del Paese prosegue, con non meno vigore, ovunque: fu, quella risorgimentale, una grande lotta dei liberali e dei democratici contro la millenaria influenza politica conservatrice della Chiesa che venne, in quelle circostanze e per lungo tempo (almeno fino al mussoliniano Concordato) sconfitta, malgrado il grande prestigio che la Chiesa ancora aveva nelle masse popolari, soprattutto contadine.
Nel VII capitolo Mečnikov ci porta invece nel pieno di una manifestazione popolare a Napoli: un esempio di come la lotta politica post–unitaria fosse accesa, agguerrita e senza esclusione di colpi ed in questa circostanza l’autore descrive e ammira le capacità dei napoletani di organizzare pittoresche manifestazioni di strada.
Nel descrivere, in altro scritto, la figura politica del patriota democratico e federalista toscano Giuseppe Montanelli ed in particolare la vicenda della sua elezione a deputato, contestata a lungo, Mečnikov constata che i “moderati più moderati” e l’opposizione progressista insieme condividono il comune scopo dell’Unità d’Italia, ma poi finiscono per attaccarsi aspramente fra loro su aspetti sostanzialmente secondari del processo unitario.
Nelle corrispondenze da Lucca Mečnikov si sofferma soprattutto sul perché la città è ritardataria nella istituzione di Società Artigiane e poi parla in particolare della cittadina di Bagni di Lucca e della sua passata importanza nel “grand tour”, soprattutto quello degli aristocratici inglesi.
In altre pagine le escursioni storiche di Mečnikov si soffermano su passate figure italiane, come quella di Francesco Ferrucci, descrizione che nel caso gli serve anche per decantare le bellezze di Gavinana e della Montagna pistoiese.
Mečnikov, in altra corrispondenza, continua a seguire gli aspetti associativi di società italiane risorgimentali, laiche e progressiste, come nel caso dell’azione dei Comitati di Provvedimento e soprattutto riporta il regolamento delle società di Carabinieri Volontari Mobili, organizzazioni che la storiografia italiana ha spesso dimenticato, ma che ebbero la loro rilevanza interna e internazionale come dimostra appunto questo scritto.
Come nota Risaliti: «Queste corrispondenze sono scritte da un viaggiatore, ma un viaggiatore che è anche combattente per l’unità e la libertà dell’Italia per cui ha versato tanto sangue fin quasi a perdere la vita. Mečnikov è un viaggiatore in Italia che si rivela contemporaneamente combattente, studioso profondo e perspicace della sua storia, arte, cultura, composizione sociale, attento a tutti gli svolgimenti della vita politica dell’Italia a lui contemporanea. Egli è non solo un osservatore attento della nostra realtà, ma anche un fine analista politico–sociale delle varie regioni del regno d’Italia appena costituito. E tutto questo quando era ancora molto giovane: aveva appena 22–23 anni! Eppure fornisce dei giudizi sullo svolgimento degli avvenimenti politici e sociali che anticipano quelli della pubblicistica italiana di allora e della storiografia contemporanea».
Per il prossimo futuro attendiamo da Risaliti, e dal prosieguo delle sue notevoli ricerche su Mečnikov, pubblicazioni di ulteriori stimolanti scritti di questo straordinario “garibaldino russo”!
Lev Il’ič Mečnikov, Corrispondenze dall’Italia risorgimentale, a cura di Renato Risaliti, Torino, CIRVI, 2015, pp. 138, Euro 24
Carlo Onofrio Gori