Faliero Pucci e Ubaldo Fantacci
Memorie della Resistenza Pistoiese
Un cippo posto dal Comune di Pistoia nel 1980 nei pressi della stazione ferroviaria della linea Porrettana, nella frazione montana di Sammommè, ricorda il sacrificio di Faliero Pucci: «partigiano combattente garibaldino caduto per la libertà». Militante comunista da lunga data, già processato dal Tribunale Speciale, organizzatore e responsabile delle prime bande partigiane sorte in provincia di Firenze, Faliero Pucci era stato inviato in montagna dal Comitato regionale di partito, insieme ad un altro dirigente comunista, Giulio Bruschi, per verificare la situazione ed il morale della formazione partigiana fino ad allora guidata da Gino Bozzi. In quel momento Bozzi (vedi Gino Bozzi e la Brigata Bozzi) si trovava gravemente ferito e piantonato all’ospedale di Pistoia.
Anche per lo scopo di reperire fondi per curare Gino Bozzi, che si pensava di poter liberare, per il 4 gennaio 1944 (giorno della morte di Bozzi, ma i suoi uomini ancora non erano a conoscenza dell’accaduto) la formazione aveva progettato un’azione contro la macchina portavalori della SMI e Pucci e Bruschi si unirono ai partigiani. L’azione avvenuta nei pressi delle Piastre riuscì, ma provocò un ampio rastrellamento da parte delle forze fasciste.
Il Pucci e il Bruschi furono fermati in prossimità della stazione di Sammommè, mentre, convinti di esser già passati attraverso le maglie del rastrellamento, cercavano di rientrare a Firenze.
In un primo momento i due dirigenti comunisti riuscirono a sganciarsi aprendo il fuoco e ferendo numerosi fascisti. Successivamente, poco pratici del luogo, furono circondati. Decisi a vender cara la pelle i due partigiani reagirono dando inizio ad uno scontro violentissimo che si concluse solo dopo che Faliero Pucci cadde ucciso ed il Bruschi ebbe esaurito tutte le munizioni. I fascisti ebbero un morto e tre feriti gravi.
Questi episodi fecero scalpore non solo sui quotidiani locali, ma anche su quelli di altre regioni. Il Bruschi, ferito, venne trasferito e piantonato all’Ospedale di Pistoia, ma nella notte fra il 14 ed il 15 gennaio un’audace azione partigiana condotta da cinque elementi della “Bozzi”, tra i quali Alfredo Bani, Magnino Magni e Piero Gherardini, permise la liberazione di Bruschi. Questa volta, come ricorda Giovanni Verni, la stampa non parlò del fatto, ma la voce si diffuse rapidamente a livello popolare in tutta la provincia aumentando il prestigio dei partigiani e sminuendo quello, già compromesso, delle autorità repubblichine1.
A Ponte a Rigoli vicino all’Acquerino, poco dopo il confine fra la zona montana del comune di Pistoia e Sambuca Pistoiese, un cippo posto a lato della strada su iniziativa dalla Sezione del PCI e del Circolo di Santomato, paese di origine del caduto, ricorda il sacrificio di Ubaldo Fantacci.
Il 14 aprile 1944 una pattuglia della Brigata garibaldina “Bozzi”, guidata da Alfredo Bani (il “Pompierino”) catturò nella zona tre militari tedeschi che stavano compiendo rilievi per la costruzione della Linea Gotica impossessandosi di importanti piani delle fortificazioni. Resosi conto della gravità del danno, il Comando tedesco della piazza di Pistoia il giorno successivo, partendo dalla zona sovrastante Montale, scatenò un vasto rastrellamento, condotto da quattro colonne italo–tedesche, tre delle quali comandate da ufficiali germanici, diretto ad agganciare ed annientare la “Bozzi”. L’azione nazifascista non raggiunse gli esiti che si proponeva, tuttavia venne fortuitamente intercettato un gruppo di giovani che, guidato da Magnino Magni (in seguito caduto eroicamente a Treppio, medaglia d’argento al valor militare), saliva in montagna per unirsi alla “Bozzi”.
I giovani antifascisti, quasi tutti provenienti da Firenze, riuscirono sulle prime a fuggire tranne Ubaldo Fantacci che venne colpito morte. Nei pressi della vicina Cascina alcuni militi della GNR infierirono sul cadavere. I fascisti quasi subito dopo arrestarono quattro giovani del gruppo dei fuggitivi e ne catturarono altri nei giorni successivi, sottoponendoli a brutali torture con lo scopo di estorcere loro informazioni sull’organizzazione clandestina che da Firenze indirizzava uomini e rifornimenti alla “Bozzi”.
Una formazione partigiana garibaldina pistoiese, comandata da Attilio Ciantelli, assumerà in seguito la denominazione “Ubaldo Fantacci”2.
Poco sopra l’edificio della scuola di Serrantona, da tempo non più in attività, un sentiero si inoltra per la collina fra gli ulivi e conduce ad un cippo sovrastato da cinque cipressi.
Vi si legge: «Ferri Luigi, Fioretti Nello, Guastini Alipio (o Olimpio) Palandri Corrado, Ricciarelli Alighiero. Qui inermi cittadini vennero barbaramente uccisi dalle truppe di occupazione naziste. Non odio, non vendetta, grida il loro sacrificio, ma pace fraternità perenne fra i popoli 22 giugno 1944».
Ferri Guastini e Ricciarelli erano di Santomoro, mentre Fioretti e Palandri erano sfollati nella zona.
Sembra accertato che la rappresaglia scattasse per un tedesco ferito. Racconta una testimone: «Poi fu ferito un tedesco e la mattina vennero a bussare alle porte. Ne presero cinque per fucilarli, se moriva questo tedesco ne prendevano altri cinque. Però questo tedesco era stato ferito da uno di loro perché la sera prima erano ubriachi e invece dettero la colpa ai partigiani. Sicchè li presero e li fucilarono, ma uno che si chiamava Alighiero, mentre facevano la buca, scappò (…) giù e venne nelle Mure. Però era già ferito e quando credeva che la bufera fosse passata, si buttò fuori per venire verso le case. Invece c’erano ancora i tedeschi in guardia. Lo fucilarono. Io l’ho visto dopo dieci minuti che era stato fucilato. Ho visto gli altri fucilati, chi con la testa in su, chi con la testa in giù, insomma fu uno spavento proprio grande»3.
Alcuni del luogo affermano che l’azione non venne effettuata solo dai tedeschi, ma che vi furono coinvolti anche dei militi fascisti.
Indubbiamente la terribile vicenda è indice del clima di nervosismo che in quei giorni cominciava a serpeggiare fra i nazifascisti a causa dell’andamento sfavorevole della guerra. Infatti dalla metà del giugno ‘44 a Pistoia ed in gran parte della Toscana, dopo le notizie della liberazione di Roma e dello sbarco in Normandia, si sfalda rapidamente l’apparato governativo di Salò e, mentre tutto il potere si va concentrando nelle mani dei tedeschi, anche la federazione fascista di Pistoia – ugualmente a quanto accadeva per i repubblichini delle province di Firenze, Livorno, Arezzo – dispone lo sfollamento dei propri militanti e delle loro famiglie in Valtellina, prescelta da Mussolini, su proposta del segretario del PFR, il fiorentino Pavolini, per istituirvi il cosiddetto Ridotto Alpino Repubblicano, cioè l’ultima difesa della RSI.
Inoltre anche nel pistoiese in questo periodo “si assiste ad un rafforzamento sempre più rapido del dispositivo politico–militare delle formazioni partigiane”, soprattutto da quando la guida del CLN locale era passata nel maggio 1944 al comunista Italo Carobbi e questo attivismo sembra coinvolgere anche le formazioni più piccole come ricorda ad esempio Emilio Dami nel caso della Valoris: «Quando fu conquistata Roma si cominciò a fare delle azioni vere e proprie. La prima azione che si fece fu al Borghetto». Anche Ferruccio Biagini ricorda un’azione partigiana, proprio nella notte di quel 22 giugno, condotta nella zona del Bottegone contro il distretto militare e la caserma dei carabinieri, in seguito alla quale il maresciallo comandante abbandona tutto consegnando le chiavi ai partigiani4.
La forte tensione che si respirava in quei momenti è confermata nel libro La guerra che ho vissuto dove si cita il racconto di un testimone: «Pistoia e i dintorni, in quei giorni, vivevano un periodo di folle terrore dati gli avvenimenti di Santo Moro (…) Per la campagna, le strade provinciali, le vie della città, non circolava che truppa»5.
Scesi a Santomoro, all’entrata del Parco della Rimembranza, di fianco ad una lapide posta nel 1923 e dedicata a 16 caduti nella guerra 1915–18, troviamo un’epigrafe ricorda alcuni paesani caduti nei vari conflitti in cui il fascismo coinvolse il Paese: Ricciarelli Savino (1936–Etiopia), Ferri Valerio (1940), Capecchi Luigino (1941), Ricciarelli Ilio (1942), Bruni Silla, Ferri Gino (1944); ai nomi di questi caduti seguono quelli di tre dei cinque fucilati per rappresaglia alla Serrantona: Ferri, Guastini e Ricciarelli.
Carlo Onofrio Gori
Note
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Cfr. Giovanni Verni, La brigata Bozzi, Milano, La pietra, 1975, pp. 67–69; e cfr. la testimonianza di Renzo Tamburini, in: M. Francini (a cura di), I giorni… cit., pp. 287–293. Sull’attività partigiana di Faliero Pucci vd. V. Baldi, Un partigiano fiorentino sui monti pistoiesi, in «Farestoria», n. 13 (1989); vd. anche in: C. O. Gori, La “lunga strada” di Bruno Fanciullacci. Il percorso antifascista dell’uomo che uccise Giovanni Gentile, in: «Microstoria», n. 21 (gen.–feb. 2002). ↩
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Cfr. G. Verni, La Brigata Bozzi… cit., pp. 92-93. Sulla “Fantacci” cfr. Attilio Ciantelli-Piero Casalone, Relazione formazione “Fantacci”, in: R. Risaliti, Antifascismo…, cit., pp. 110–113; vd. anche le testimonianze di Ardelio Bessi ed A. Ciantelli in: M. Francini, I giorni… cit., pp.101–105 e pp. 43–50. ↩
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Elvadora Poli Barni, Non aver paura, in: R. Cavallini–L. Tassinari (a cura di), Giorni della…, cit., pp.96–97 ↩
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R. Risaliti, La Resistenza a Pistoia. Aspetti e caratteri, in: Pistoia tre anni 1945–1945. Identità di una città in guerra, Pistoia, Ecop, 1980, pp. 27–28; e L. Bruschi–M. Francini, Il fascismo pistoiese durante la guerra, ivi, pp.7–11; testimonianza di Emilio Dami in: M. Francini (a cura di), La guerra… cit., pp. 127–132; testimonianza di Ferruccio Biagini, ivi, pp. 55–57. ↩
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R. Risaliti, Antifascismo… cit., p. 238. ↩