Gino Bozzi e la Brigata Bozzi
Resistenza sulla Montagna pistoiese
Artigiano nel quartiere fiorentino di Santo Spirito, Bozzi, oppositore del regime fascista fin dal 1927, viene ferito mortalmente lungo la strada Pistoia‑Riola, nelle vicinanze di Valdibure, il 27 dicembre 1943. Dopo l’8 settembre Bozzi viene incaricato dal dirigente del partito comunista Renato Bitossi di organizzare una formazione partigiana nella montagna pistoiese.
La formazione, composta da fiorentini e pistoiesi, diverrà una delle più importanti fra quelle che opereranno in questa zona della Toscana e sarà sempre in stretto contatto con i centri regionali del PCI nel cui comitato militare erano presenti per Pistoia: Cesare Andreini, Guerrando Olmi, Cesare Collini, Giuseppe Corsini, Silvano Migliorini, Gorino Gori, Oliviero Maestripieri, Terzo Coppini, Dino Niccolai, Silvio Bovani, Italo Carobbi, Dino Fabbri, Vasco Iozzelli e Aldo Nanni.
Il primo nucleo della futura Bozzi si forma a Poggio Forato nella zona di Vidiciatico nell’Appennino bolognese. Successivamente, in seguito a contatti di Bozzi con Giuseppe Vivarelli, la base viene spostata nella foresta del Teso e “copre” anche le zone di Maresca e Campotizzoro, allora importante centro dell’industria bellica. Tuttavia le proibitive condizioni che andavano profilandosi in montagna spingono Bozzi e Piero Gherardini a sistemare la parte più consistente della formazione sulle colline a nord di Pistoia.
I primi tempi, sotto la guida di Bozzi e poi anche di Agenore Dolfi, successivamente scomparso, sono impegnati nell’organizzazione del gruppo: recupero di armi, costituzione di una rete di supporto, inserimento e preparazione politico–militare di nuovi combattenti. Proprio per decidere il passaggio all’azione militare Gino Bozzi, accompagnato da Umberto Tellini, il 27 dicembre scende a Pistoia per un incontro con il responsabile militare del partito comunista. Lungo la strada vengono fermati da un carabiniere e da un milite fascista. I due rispondono che si trovano in zona alla scopo di acquistare farina, ma non vengono creduti.
Quando Bozzi – racconta Umberto Tellini – «si accorse che il repubblichino stava andando a vedere cosa aveva nascosto nella macchina, Gino gli afferrò il fucile per cercare di strapparglielo (…) il repubblichino sparò e Gino cadde a terra. In quel momento uscirono fuori dei contadini domandando cosa stava succedendo. Il carabiniere disse loro di portare qualcosa per legare me e infatti questi contadini portarono un filo della luce, con il quale mi legarono le mani. Poi fecero approntare a questi contadini una specie di barella con una scala sulla quale misero Gino e ci portarono giù a Candeglia».
Bozzi muore nell’ospedale di Pistoia il 4 gennaio 1944. Durante l’agonia ha rifiutato i calmanti per paura di perdere il controllo di sé e rivelare qualche notizia sull’organizzazione durante gli interrogatori. Era stata anche progettata dal suo partito una complessa azione per liberarlo dall’ospedale, operazione nel cui contesto si inserì anche l’episodio della SMI (vedi Faliero Pucci e Ubaldo Fantacci) ed il successivo rastrellamento fascista nelle cui maglie caddero Pucci e Bruschi. In seguito a questi avvenimenti aggravati dalla difficilissima situazione ambientale dell’inverno 1944 la formazione, che aveva assunto il nome di Gino Bozzi, passò un serio momento di crisi.
Si riorganizzerà, sotto la guida politica del gappista fiorentino “Nando” Borghesi, agendo nella zona sovrastante Montale, spostandosi poi verso il Passo della Collina e l’Acquerino e congiungendosi infine ad est con le formazioni del Pratese operanti sui monti della Calvana. Il crescere del numero dei componenti della Bozzi e la difficoltà di reperire cibo per tutti, spinge poi “Nando” a cercare rifugio nel più fertile versante emiliano.
Inizia così una lunga marcia di trasferimento segnata dalla battaglia di Treppio (17 apr. ‘44) dove l’aglianese Magnino Magni (medaglia d’argento al v.m.) si sacrifica eroicamente per consentire lo sganciamento dei compagni verso l’Emilia. Il grosso raggiunge le formazioni del famoso comandante “Armando” (Mario Ricci) e di “Davide” e qui Alfredo Bani affianca Borghesi come comandante militare1.
In Emilia la Bozzi, entrando a far parte del battaglione Garibaldi Ciro Menotti, si distingue come una delle formazioni più affidabili di “Armando” partecipando all’occupazione di Fanano e a quella di Toano (10 – 21 giugno 1944) ed alla costituzione della repubblica partigiana di Montefiorino. In seguito alla fusione con la formazione pracchiese di “Tarzan”, e con la Primo Filoni, operante nella zona di Maresca, assume il nome di Brigata garibaldina Bozzi (9–10 lug. ‘44).
Caduta Montefiorino, rientra definitivamente in Toscana e, mentre alcune sue formazioni rimangono (o poi tornano) ad operare nella zona di Pracchia–Orsigna–Maresca, il grosso della Brigata si sposta in Garfagnana, dove partecipa alla liberazione di Fornaci di Barga e di altre località ed infine si insedia a Coreglia Antelminelli (15 agosto).
La Bozzi si scioglie nell’ottobre del 1944 dopo una intensa attività nel pattugliamento dell’alta valle del Serchio in collaborazione con il corpo di spedizione brasiliano della FEB. Successivamente molti dei suoi componenti si arruoleranno volontari nei Gruppi di Combattimento del ricostituito Esercito italiano e risaliranno la penisola a fianco degli alleati; alcuni, come ad es. Alfredo Bani, inquadrati nel “Cremona”, prenderanno parte ai combattimenti che dal basso Senio in poi condurranno alla liberazione di Venezia, altri, come ad es. “Nando” Borghesi e Alfredo Ferrini, nel “Legnano”, Ardengo Sostegni nel “Friuli” e Mario Innocenti nel “Folgore”, ecc., parteciperanno alle importanti operazioni militari che porteranno alla liberazione di Bologna e di gran parte della Pianura Padana.
Carlo Onofrio Gori
Note
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Sulla “Bozzi” oltre al fondamentale, G. Verni, La brigata Bozzi …cit., vd. Giuseppe Vivarelli (“Peppone”), Resistenza in montagna. Brigata “Gino Bozzi”, Pistoia, Amministrazione Comunale, [1975]; V. Baldi, I comunisti di Campotizzoro, in: L. Casati (a cura di), Lotte sociali…cit., pp. 315–320; cfr. inoltre: Dal diario azioni della Brigata “G. Bozzi”, in: R. Risaliti, Antifascismo…, cit., pp. 98–100. Sui partigiani della “Bozzi”, oltre al già citato libro di V. Baldi, ripubblicato nel 1985 col titolo Storia di un partigiano. Fernando Borghesi, cfr., tra gli altri: R. Corsini, La scomparsa di Alfredo Bani, il “Pompierino”, in: «QF» n. 1 (gen./mar. 2000); R. Corsini, Ardengo Sostegni: uno della “Bozzi”, in: «QF» n. 2 (apr./giu. 2002); Comunità Montana Appennino Pistoiese, Ricordo di Mario Olla, San Marcello Pistoiese, Centro pistoiese di documentazione per l’emigrazione Mario Olla, 2001; M. Francini, Dal delitto Matteotti alla Liberazione. Intervista a Piero Gherardini, partigiano pistoiese, in: «Farestoria», n. 1 (1984); vd. anche le testimonianze di: Sergio Corsini (pp. 115–120), Alfredo Ferrini (pp. 165–169), Mario Innocenti (pp. 189–197), Luciano Olmi (pp. 240–241), Giorgio Venturi (pp. 312–318) e Romualdo Bruschi, poi passato a “Giustizia e libertà” (pp. 79–84). Testimonianze di molti dei citati appaiono anche in: L. Cavallini–L. Tassinari (a cura di), Giorni…cit., pp. 319–320, 326–327, 330–332, etc. ↩