Formazioni partigiane ed eroi della Resistenza Pistoiese
nei giorni decisivi della liberazione
Varie formazioni, agli ordini del comandante della XII Zona, Vincenzo Nardi, liberarono Pistoia; alcune erano di orientamento comunista (“Volante”, “Baronti”, “Valiani”, “Valoris”, “Calugi”, “Stella rossa” “Banda comunista n. 1”, “SAP Lamporecchio”, “Fantacci”), altre di ispirazione azionista (“Giustizia e Libertà”, “Pieve a Celle”, “Puxeddu”, “Castellina” “Corallo” “Frosini”, “Fedi”) e, con l’apporto dei gruppi di “Difesa della donna” e di altre piccole squadre, tra le quali una di ispirazione cattolica, dopo alcuni scontri periferici con i tedeschi in ritirata, raggiunsero il centro cittadino l’8 settembre 19441.
Al di là del valore delle formazioni che parteciparono al momento culminante della Resistenza pistoiese ed ai precedenti avvenimenti, occorre in particolare soffermarsi sulla rilevanza militare di tre unità: la “Fedi”, che operò nella pianura pistoiese, l’ “XI Zona” e la “Bozzi” che spaziarono invece ben oltre l’ambito provinciale e regionale. Inoltre, se la “Bozzi” agirà in forte collegamento con il “centro” comunista, le iniziative dell’ “XI Zona” e della “Fedi” saranno invece determinate dalle forti individualità dei loro comandanti Manrico Ducceschi (“Pippo”) e Silvano Fedi.
La figura di Silvano è particolarmente cara ai pistoiesi. Cadde, non lontano dalla città, sulle pendici della collina di Montechiaro, dove oggi svetta la scultura che lo ricorda. Fedi matura, già in ambito studentesco, una inconsueta, rischiosa e decisa opposizione al fascismo e subisce, insieme agli amici La Loggia, Fondi e Giovannelli, una condanna del Tribunale Speciale. Si definisce “comunista libertario” e parla di un’umanità affrancata dal bisogno in mondo senza frontiere. In città, subito dopo il 25 luglio ‘43, è tra gli animatori di una forte manifestazione. Dopo l’8 settembre organizza una formazione che, pur collegata al Partito d’Azione, è costituita da elementi anarchici e rivendica una completa autonomia, anche dal CLN. Si muove continuamente tra città e campagna, sia nel versante di Pistoia sino alla zona di Quarrata e alle colline del Montalbano, sia in quello di Fucecchio e Lamporecchio, sorprendendo il nemico con azioni abili e clamorose. Audacissimo e spericolato attacca infatti per ben quattro volte il distretto militare, catturando ingenti quantità di armi e materiali che vengono poi distribuiti anche ad altre formazioni. Inafferrabile conduce, spesso senza spargimento di sangue, assalti ai vari presidi fascisti cittadini e alle carceri mandamentali, liberando prigionieri politici ed ebrei e costringe così i nazifascisti a porre su di lui una rilevante taglia. Nel primo pomeriggio del 29 luglio ‘44, in una stradina di campagna, cade combattendo insieme a Giuseppe Giulietti in un’imboscata tesagli dai tedeschi. La presenza dei soldati in quel posto e a quell’ora ancora oggi non trova convincente spiegazione e per questo molti pensano che sia stato tradito da una delazione di qualche spia locale. Per le sue azioni gli verrà conferita la medaglia d’argento al valor militare. Il comando della “Fedi” verrà poi assunto da Enzo Capecchi e successivamente da Artese Benesperi, sino alla liberazione di Pistoia nella quale la formazione giungerà dopo aver occupato Vinci, Lamporecchio e Casalguidi.
La comune esperienza sui banchi del liceo classico “Forteguerri” lega la figura di Fedi a quella di Ducceschi. L’armistizio trova Manrico, allievo ufficiale del V Rgt. Alpini, a Tarquinia da dove, sfuggendo ai tedeschi, si dirige a Firenze per prendere contatti col Partito d’Azione. Organizza sulla montagna pistoiese, in collegamento col CLN militare toscano, la prima Brigata “Rosselli”. Viene poi designato comandante dell’XI Zona e, con i suoi partigiani pistoiesi e lucchesi, “copre” i contrafforti della linea Gotica dalla Val di Lima, all’Abetone, alla Garfagnana, alle valli del Pescia e della Nievole. Sorveglia, tra l’altro, la Statale 12 che passa per l’Abetone, arteria cruciale per gli spostamenti delle truppe nazifasciste. “Pippo”, attento più agli aspetti militari dell’azione partigiana che a quelli di equilibrio politico, con i suoi uomini, che raggiungeranno il ragguardevole numero di circa 500, ingaggia vere e proprie battaglie contro i convogli nemici nelle quali può a volte usufruire dell’appoggio aereo alleato. È infatti collegato, tramite il pistoiese Giovanni La Loggia, agente dell’Oss paracadutato ed aggregato al suo gruppo, con l’intelligence americana, impegnata nel pesciatino con le missioni “Berta” e “Carnation”, e grazie a ciò verrà spesso rifornito con aviolanci ed allaccerà “sul campo” ottimi rapporti con le truppe brasiliane prima e statunitensi poi2. Suoi partigiani, con divise ed equipaggiamento americano, contribuiranno anche a “tenere” nell’inverno 1944–45 (fino allo sfondamento di metà aprile ‘45), un tratto della “Gotica” contrapponendosi nella zona di Pian degli Ontani a reparti tedeschi e della div. “San Marco” della RSI. In un paio d’occasioni, nel pistoiese ed in lucchesia, alcuni suoi nuclei, pur fra divergenti opzioni operative, collaboreranno con la “Bozzi”. Al momento della liberazione di Lucca parte dei suoi uomini si aggrega, come Battaglione Autonomo patrioti italiani “Pippo”, alle truppe alleate e con esse partecipa alla liberazione di alcune città dell’Emilia ed entra successivamente in Milano. Dopo la Liberazione viene decorato con la “Bronze Star” americana. Nel dopoguerra la scelta più difficile, quella estrema: decide di togliersi la vita a soli 28 anni.
Il partito comunista subito dopo l’8 settembre affida all’artigiano fiorentino Gino Bozzi, attivo antifascista fin dal 1927, l’organizzazione di una formazione partigiana. Il primo nucleo della futura “Bozzi”, composta da fiorentini e pistoiesi, si forma a Poggio Forato nella zona di Vidiciatico nell’Appennino bolognese, poi la base è nella foresta del Teso e “copre” anche le zone di Maresca e Campotizzoro, allora importante centro dell’industria bellica. I primi tempi sono dedicati all’organizzazione: recupero di armi, costituzione di una rete di supporto, inserimento e preparazione di nuovi combattenti. Proprio nel corso di contatti col “centro” del PCI in vista del passaggio all’azione militare, muoiono il 4 gennaio ‘44 in seguito a due distinti scontri con i fascisti, lo stesso Gino Bozzi (colpito il 27 dicembre e spirato poi all’Ospedale di Pistoia) ed il dirigente comunista Faliero Pucci. In seguito a questi avvenimenti, nel freddo e difficile inverno ‘44, la formazione vive un serio momento di crisi. Si riorganizzerà, sotto la guida politica del gappista fiorentino “Nando” Borghesi, agendo nella zona sovrastante Montale, spostandosi poi verso il Passo della Collina e l’ Acquerino e congiungendosi infine ad est con le formazioni del Pratese operanti sui monti della Calvana. Il crescere del numero dei componenti della “Bozzi” e la difficoltà di reperire cibo per tutti, spinge “Nando” a cercare rifugio nel più fertile versante emiliano. Inizia così la lunga marcia di trasferimento segnata dalla battaglia di Treppio (17 apr. ‘44) dove l’aglianese Magnino Magni si sacrifica per consentire lo sganciamento dei compagni verso l’Emilia. Qui la “Bozzi”, inquadrata nel btg. garibaldino “Menotti”, si distinguerà come una delle formazioni più affidabili del famoso comandante “Armando” (Mario Ricci) partecipando all’occupazione di Fanano e di Toano (10 – 21 giugno ‘44) ed alla costituzione della repubblica partigiana di Montefiorino. In seguito alla fusione con la formazione pracchiese “Venturi”, e con la “Filoni”, operante nella zona di Maresca, diverrà “Brigata Garibaldina Gino Bozzi” (9–10 luglio ‘44). Caduta Montefiorino, rientra definitivamente in Toscana e, mentre alcune sue formazioni rimangono (o poi tornano) ad operare nella zona di Pracchia–Orsigna–Maresca, il grosso della Brigata si sposta in Garfagnana, dove libera varie località ed infine si insedia a Coreglia (15 agosto ‘44). La “Bozzi” si scioglie nell’ottobre del ‘44 dopo una intensa attività di pattugliamento nell’alta valle del Serchio in collaborazione con i brasiliani della FEB. Successivamente molti dei suoi componenti si arruoleranno volontari nei Gruppi di Combattimento del ricostituito Esercito italiano e risaliranno la penisola a fianco degli alleati; alcuni, come ad es. Alfredo Bani, inquadrati nel “Cremona”, prenderanno parte ai combattimenti che dal basso Senio in poi condurranno alla liberazione di Venezia, altri, come ad es. lo stesso “Nando” Borghesi, nel “Legnano”, Ardengo Sostegni nel “Friuli” e Mario Innocenti nel “Folgore”, parteciperanno alle importanti operazioni militari che porteranno alla liberazione di Bologna e di gran parte della Pianura Padana3.
Non possiamo ovviamente rammentare qui tutti gli altri episodi, personalità ed eroi della Resistenza locale4, ma è doveroso concludere ricordando i numerosissimi fiorentini e pistoiesi, tra cui la medaglia d’oro Villy Pasquali, che dopo l’8 settembre non si arresero e contribuirono in Jugoslavia all’ epopea della “Divisione Garibaldi”. Formatasi dall’unione delle divisioni “Venezia” e “Taurinense”, e rimasta unità dell’esercito italiano, la “Garibaldi” combatté gloriosamente a fianco dei partigiani slavi fino al marzo del 1945 per la liberazione di quella terra dal nazifascismo.
Carlo Onofrio Gori
Note
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Cfr. R.Risaliti, Antifascismo e Resistenza nel Pistoiese, Tellini, 1976. ↩
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Cfr. G. Petracchi, Al tempo che Berta Filava…, Mursia, 1996. ↩
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Cfr. G. Verni, La Brigata Bozzi, La Pietra, 1975. ↩
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Cfr. R.Bardelli e M. Francini, Pistoia e la Resistenza, Tellini, 1980; La guerra che ho vissuto… (a cura di M. Francini), Unicoop, 1997; Guida ai monumenti della memoria nel comune di Pistoia (C.O. Gori et al.), Edizioni del Comune, 1995; Resistenza nazionale e locale… (a cura di C.O. Gori), Proteo, 2003. ↩