Giuseppe Giusti, poeta del risorgimento
Recensione al libro Giuseppe Giusti, “E trassi dallo sdegno il mesto riso…”
In questo 2010 varie iniziative hanno ricordato il bicentenario della nascita (1809–1850) del poeta Giuseppe Giusti, oggi finalmente ritenuto il più acuto interprete critico della società toscana negli anni del Risorgimento. I tre saggi di questo libro cercano infatti di delineare un Giusti fuori dai canoni ufficiali della critica letteraria per lunghi anni corrente.
Giampiero Giampieri, nel suo saggio, Un poeta ‘moderno’ nella Toscana dell’800, che apre il volume, individua in Dante e nel Parini i maestri letterari e morali della formazione e scrittura poetica del Giusti. Sottolinea più volte l’artificiosità della distinzione, operata dalla critica letteraria accademica, tra poeti minori e maggiori dell’800. L’autore rifiuta e confuta la definizione crociana del Giusti “poeta prosastico”. Che cosa vuol dire poesia prosastica si chiede il Giampieri?
«Il primo Eliot – quello dei Poems – infatti scriveva componimenti satirici e discorsivi che si costruivano “assorbendo e distruggendo nel medesimo tempo gli altri testi dello spazio intertestuale”. Il procedimento, tipico del genere satirico, acquista naturalmente, in un poeta del ‘900, una complessità nuova, ma non così nuova da escludere che nel Giusti (discepolo di Dante, come fu anche Eliot) “si respiri una certa lontana aria di famiglia”».
Anche sulla satira, Giampiero Giampieri, tratteggia il lato innovativo del poeta toscano. La satira giustiana è terapia morale, purificazione. È salvazione per coloro che sono “sommersi”, incerti sulla via da intraprendere.
Angeli evidenzia la fama del Giusti in Europa a Londra. Le sue poesie piacciono ai lavoratori per la carica civile e sociale. Mazzini, esule a Londra, ne parla nelle sue lettere alla madre ed al suo segretario Lamberti nel 1842 e nel 1845. Il Brindisi di Girella, Per l’incoronazione, La cronaca dello stivale, vengono pubblicate sul giornale del Mazzini «L’Apostolato Popolare», nel 1842.
L’altro aspetto, che l’autore del saggio, Giuseppe Giusti testimone del tempo, ci fa conoscere è la collocazione europea del poeta, sia per quanto riguarda la conoscenza e partecipazione agli avvenimenti storici che investiranno l’Italia e l’Europa negli anni 1848–49, sia per la conoscenza della cultura letteraria europea che emerge nella sua opera poetica e in prosa. Non più il dilettevole poeta provinciale degli Scherzi, ma un acuto osservatore delle trasformazioni economiche e sociali della rivoluzione industriale europea.
Il saggio di E. Carfora, Giuseppe Giusti e la Valdinievole, rappresenta uno studio nuovo ed originale, fresco di studi d’archivio, sulla storia della famiglia Giusti a partire dalla fine del XVI secolo fino a tutto il settecento dove giganteggia la figura del nonno paterno, Giuseppe Giusti senior, presidente del Buongoverno sotto il granducato di Pietro Leopoldo I. Importanti anche le figure minori che hanno inserito il Giusti in posti chiave nell’amministrazione della cosa pubblica.
L’altra parte del saggio è dedicato alle celebrazioni del primo centenario della nascita del poeta, nel 1909. Molto interessante per la conoscenza, che tale celebrazione suscitò, per i conflitti politici tra F. Martini da una parte e l’opposizione democratica e socialista dall’altra.
Uno spaccato nuovo sulla figura del Giusti che merita di essere letto anche in questa chiave politico–letteraria.
Carlo Onofrio Gori
Luigi Angeli, Emanuel Carfora, Giampiero Giampieri, Giuseppe Giusti, “E trassi dallo sdegno il mesto riso”, Pistoia, Settegiorni Editore, 2010, pp. 143 Euro 10