Gli artefici della “Nuova Italia”
nelle targhe delle vie di Pistoia
Molte città italiane, soprattutto dopo il compiersi dell’Unità del Paese, vollero celebrare con lapidi commemorative i propri concittadini, patrioti e politici, ma anche uomini di cultura che con l’arte, la letteratura, la musica o la scienza, concorsero al Risorgimento ed alla costruzione di un patrimonio culturale comune nel quale, ancora e soprattutto oggi, identificarsi ed in cui riconoscere le radici della nostra Nazione.
Anche Pistoia non si sottrasse a queste benemerite iniziative, pertanto proviamo ad entrare nei panni del passante per soffermarci a leggere quanto è scritto su questi “frammenti” di storia risorgimentale posti “all’aria aperta”, su edifici che, a differenza di cippi e monumenti, hanno una stretta relazione col personaggio o con il fatto a cui si riferiscono. In tal senso due ampie epigrafi poste ai lati della porta del Palazzo comunale ricordano date significative: una, posta nel 1860, riferisce sul risultato del Plebiscito di annessione e l’altra, del 1870, plaude a «Roma restituita all’Italia».
Un’altra ampia lapide posta in Piazza dello Spirito Santo, sul palazzo retrostante la statua del Cardinale Forteguerri, ci parla ancora dei risultati del Plebiscito relativamente ad alcuni Comuni del pistoiese: Tizzana, Montale, Serravalle, Lamporecchio, Marliana, Sambuca, mentre, appena fuori del quartiere di S. Marco, in via Antonelli n. 39, l’unica superstite e visibile memoria dell’esistenza dei quattro comuni pistoiesi suburbani (Porta San Marco, Porta al Borgo, Porta Lucchese, Porta Carratica), poi assorbiti nella città, è data dalla lapide, oggi praticamente illeggibile, posta sulla facciata della sede dell’antico Comune: anch’essa riferisce dei risultati del locale Plebiscito d’annessione.
Ma chi può rappresentare lo spirito del Risorgimento meglio di Giuseppe Garibaldi?
Il Generale, poi ricordato da un monumento equestre posto nell’omonima piazza1, fu il 14 luglio 1867 a Pistoia, ospite dell’avv. Giuseppe Gargini, in via della Madonna n. 40, e da qui, come rammenta un’epigrafe posta nel 1882, «parlò al popolo plaudente fatidiche ed amorose parole mallevando prossima la liberazione di Roma».
Garibaldi non poteva immaginare che di lì a poco, il 24 settembre, avrebbe nuovamente, suo malgrado, fatto sosta a Pistoia, nell’allora importante stazione ferroviaria, tradotto prigioniero ad Alessandria dopo un ennesimo, fallito, tentativo di liberare Roma dal potere temporale dei papi ed unirla all’Italia. In quel frangente i garibaldini ed i democratici pistoiesi si dirigevano verso la stazione nel vano tentativo di liberare l’Eroe: ne seguiva una vera e propria sollevazione cittadina protrattasi fino al giorno 262.
Fu pistoiese d’adozione un famoso colonnello garibaldino, l’ ungherese Stefano Dunyov, l’“eroe di Maddaloni” nel corso della decisiva Battaglia del Volturno, e due lapidi, collocate all’altezza del n. 19 di via Verdi (già via della Pillotta), segnalano che «dal 1876 qui visse e quivi morì»3.
Fra gli intellettuali risorgimentali pistoiesi spicca la figura di Niccolò Puccini (1799–1852), mecenate, filantropo, amico di letterati, artisti e patrioti, «cittadino sapientemente benefico» ricordato da una lapide, collocata nel 1889 sul palazzo di famiglia in via del Can Bianco 134.
A non molta distanza, in C.so Amendola 39, l’epigrafe posta nel 1905 da «i garibaldini pistoiesi, memori dell’esempio e della virtù di chi non volle premio» indica la casa dove morì un altro intellettuale e patriota pistoiese, Francesco Franchini (1805–1875), un fraterno amico del Generale Garibaldi, già combattente a Curtatone e fatto prigioniero dagli austriaci, poi ministro dell’istruzione nel Governo Guerrazzi ed infine preside del Liceo Forteguerri dopo l’Unità d’Italia5.
Due iscrizioni poste nel 1908 e nel 1909 in via Ripa della Comunità 8 e in via Verdi 52 commemorano, indicandone le dimore, il sacrificio «per la redenzione della patria nostra» di due giovani martiri pistoiesi fucilati «dagli oppressori austriaci» durante l’occupazione del 1849: Sergio Sacconi (1830–1849) e Attilio Frosini (1833–1849)6.
La straordinaria fioritura che in campo medico–scientifico si ebbe a Pistoia nell’arco del XIX secolo è testimoniata da lapidi poste sulle dimore di illustri scienziati, rispettivamente in via della Madonna 46, in via P. Bozzi 10 ed in via S. Andrea 17: Filippo Civinini (1805–1844), «anatomico (…) illustrò le varietà umane con vedute evolutive», Filippo Pacini (1812–1883) «nelle scienze biologiche maestro insigne», ed infine Atto Tigri (1813–1875) «anatomico (…) vedendo fatti nuovi (…) precorse i suoi tempi»7.
In particolare ricordiamo che Atto Tigri nel 1848 fu tenente nel Battaglione universitario toscano nella Battaglia di Curtatone e Montanara e che Filippo Civinini era padre dell’ufficiale garibaldino Giuseppe Civinini (1835–1871), al quale è dedicata una piazza cittadina8.
In Corso Gramsci al n. 25 una lapide ricorda altri due illustri scienziati e patrioti indicando la casa natale del fisico pistoiese Luigi Pacinotti (1807–1891) e menzionandone anche il figlio, il pisano Antonio Pacinotti (1841–1912), noto come inventore della dinamo.
Nel 1848 Luigi Pacinotti lasciò moglie e la già numerosa famiglia per prendere parte, come capitano del Battaglione universitario, toscano alla battaglia di Curtatone, mentre Antonio Pacinotti, a 18 anni, quando era ancora studente, prese parte come “sergente volontario” alla guerra d’indipendenza italiana del 18599.
Nel campo delle lettere, delle arti e dello spettacolo notiamo innanzitutto che ben due lapidi sono dedicate alla breve (gennaio–agosto 1860), ma significativa, permanenza pistoiese di Giosuè Carducci, poi definito «poeta vate della “terza Italia”»: una collocata a lato dell’ingresso del Palazzo della Sapienza sede del Liceo Forteguerri «nido di civile educazione» (oggi sede della Biblioteca Forteguerriana) dove il poeta insegnò alla «gioventù pistoiese preparandola ai grandi destini della Patria risorta», e l’altra all’altezza del n. 23 dell’omonima via (a suo tempo via dell’Amore) dove abitò con la famiglia10.
In via di Porta S. Marco 145 una targa del 1882 segnala il luogo della morte, avvenuta l’anno precedente presso la casa «della cara sorella», del commediografo pisano, notissimo nell’Ottocento, Tommaso Gherardi del Testa, già combattente a Curtatone e poi prigioniero degli austriaci a Theresienstadt in Boemia11.
Appena fuori Porta Lucchese, in via N. Sauro n. 175, troviamo una lapide, posta il 1 maggio 1886, che ricorda la morte del carbonaro Francesco Benedetti da Cortona. Poeta, tragediografo e storico, «anima ardente di libertà», come giustamente recita questa epigrafe: braccato dalla polizia granducale dopo il fallimento dei moti del 1820–21, di passaggio per Pistoia nel tentativo di sfuggire all’arresto, il patriota cortonese si fermò qui in una locanda e la sera del 1 maggio 1821, dopo aver amabilmente intrattenuto ed elargito doni ai suoi occasionali compagni di viaggio, sentendo vicina la cattura, si ritirò nella sua stanza, caricò la pistola e si diede la morte12.
Infine, per tutte, due memorie che collegano idealmente il “primo” al “secondo” Risorgimento: in Piazza del Duomo, nel 2005 sono stati onorati con una lapide gli ex–partigiani pistoiesi che nel febbraio 1945 da lì partirono per arruolarsi nel ricostituito esercito italiano e combattere a fianco degli Alleati sulla Linea Gotica, fra essi la medaglia d’argento Franco Andreini, caduto nella Battaglia del Senio13, mentre il 20 settembre 1998, per iniziativa del gruppo pistoiese dell’Associazione Nazionale Alpini, la città ricordava con una scultura raffigurante una grande penna alpina mozzata, opera della scultore Jorio Vivarelli, il tenente veterinario Villy Pasquali della “Divisione partigiana Garibaldi”, uno dei primi caduti per la Libertà in terra jugoslava, unica medaglia d’oro al valor militare assegnata ad un cittadino del Comune di Pistoia per il periodo della Resistenza14.
Carlo Onofrio Gori
Note
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Cfr. C.O. Gori, Pistoia e Garibaldi: storia di un “tormentato” monumento equestre, in «Camicia Rossa», n.4 (nov. 2002–gen. 2003). ↩
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Cfr. C.O. Gori, O Roma o morte! Garibaldi e le giornate “pistoiesi” del 1867, in «Camicia Rossa», n. (feb.–apr. 2004). ↩
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Cfr. C.O. Gori, Il colonnello Stefano Dunyov. Un eroico garibaldino “pistoiese”, in «Camicia Rossa», n. 4 (ott.–dic. 2008). Non risultano purtroppo memorie dedicate a Pietro Beccarelli (1822–1871), bracciante di Saturnana, località collinare appartenente all’allora municipio suburbano di Porta al Borgo, che, mentre le navi garibaldine sostavano per rifornirsi a Talamone, veniva reclutato da Giuseppe Bandi e il 9 maggio si imbarcava sul “Piemonte”, sbarcando poi l’11 maggio, unico pistoiese, con i “Mille” a Marsala: cfr. G. Bandi I Mille. Da Genova a Capua, Firenze, Salani, 1906. Dopo Beccarelli, a più riprese, altri 250 pistoiesi, frai quali Giuseppe Civinini (vd. nota 8), avrebbero raggiunto Garibaldi nella Campagna Meridionale. ↩
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Cfr., tra gli altri, E. Boretti, C. d’Afflitto, C. Vivoli (a cura di), Niccolò Puccini: un intellettuale pistoiese nell’Europa del primo Ottocento. Atti del convegno di studio (Pistoia, 3–4 dicembre 1999), Firenze, Edifir, 2001; C.O. Gori, Niccolò Puccini “fascista”, in «Camicia Rossa», n. 6 (dic. 1999). ↩
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Cfr. P. Bozzi, Nella morte del cav. Francesco Franchini, Pistoia, Tip. Cino dei fratelli Bracali, 1875. ↩
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M. Ricci, I martiri Attilio Frosini, Sergio Sacconi, Torello Biagioni nel ricordo dei combattenti pistoiesi: 1849–1949, Pistoia, Arte della stampa, 1949; F. Giannelli, Attilio Frosini: chi era costui? in «QF: quaderni di Farestoria», n. 1 (gen.–apr. 2007). Ambedue gli episodi ebbero inizio nell’attuale via Puccini, di fronte all’ingresso del Palazzo Vescovile dove era di stanza un battaglione austriaco. La voce popolare tramanda che il diciassettene Frosini, figlio di un domestico e di una stiratrice, passando dananzi al corpo di guardia, gridasse all’indirizzo della sentinella, ritenuta ungherese, “Viva Kossuth”: attirato all’interno venne percosso, arrestato, giudicato e fuciliato il 29 giugno 1849. Il Sacconi passando nella tarda sera del 19 luglio con degli amici nello stesso luogo, sembra tirasse una boccata di sigaro e sputasse in terra: inseguito dal col. De Mejer venne colpito alla testa con una sciabolata e spirò il 21 luglio. Un altro giovane caduto in quel periodo, l’operaio Torello Biagioni, la sera del 29 aprile 1852 venne inseguito in Porta al Borgo da quattro soldati croati ubriachi e colpito a morte. ↩
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Cfr. G.C. Niccolai, Filippo Pacini di Pistoja: pioniere della ricerca medica dell’800, Pistoia, Brigata del Leoncino, 1998 e dello stesso A., Filippo Civinini di Pistoja: anatomico, Pistoia, Brigata del Leoncino, 2003; D. Lippi, Atto Tigri di Pistoja: anatomico, Pistoia, Brigata del Leoncino, 2002. ↩
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Cfr. C.O. Gori, Giuseppe Civinini. Profilo di un garibaldino pistoiese, in «Camicia Rossa», n. 2 (mag.–lug. 2002). Civinini durante la Campagna Meridionale si distinse per competenza e correttezza nell’intendenza delle Camicie Rosse, divenne e fu per lungo tempo segretario del Generale, seguì poi l’Eroe nel 1862 sull’Aspromonte, ne condivise la prigionia al Varignano, l’esilio a Caprera e fu di nuovo vicino a lui a Bezzecca nel 1866. Divenne infine deputato e fondò il quotidiano «La Nazione» di Firenze. ↩
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Cfr. Q. Santoli, Per Luigi e Antonio Pacinotti, in «Bullettino storico pistoiese», n. 2 (apr.–giu. 1941). Antonio Pacinotti è ricordato da altre tre lapidi. Una posta in via Curtatone e Montanara, nel cortile dell’Universita di Pisa, un’altra, sempre a Pisa in via S. Maria 24, dove nacque, ed infine a Goito, nel centenario della battaglia di San Martino e Solferino. Fra gli scienziati pistoiesi non abbiamo purtroppo trovato memoria lapidea del grande ed illustre matematico Enrico Betti (1823–1892), anche lui a Curtatone e Montanara come caporale del Battaglione universitario toscano, che dopo la creazione del Regno divenne membro, nel 1862, del parlamento italiano e che il 26 novembre 1884 divenne senatore del Regno: cfr. P. Frosini, Enrico Betti di Pistoja: matematico umanista dell’800, Pistoia, Brigata del Leoncino, 1998. ↩
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Cfr. C.O. Gori, Pistoia “bella città ariosa”. Il soggiorno di Carducci in città, l’amicizia con Policarpo Petrocchi e il circolo di Louisa Grace , in «Camicia Rossa», n. 52 (apr.–giu. 2007). ↩
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Cfr. C.O. Gori, Da Curtatone e Montanara a Terezin. Il lungo viaggio dei prigionieri toscani del 1848, in «Camicia Rossa», n. 2–3 (mag.–set. 2010). ↩
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Cfr. F.S. Orlandini, Opere di Francesco Benedetti, Firenze, Le Monnier, 1858, pp. XXXIV–XLVI. Altre due lapidi giustamente onorano Benedetti nella sua Cortona: la prima posta nel 1898 sulla casa natale dal “Consorzio degli Operai di Cortona” e la seconda posta nel 1921 in via Ghibellina dalla comunità cortonese che nel «centenario del suo sacrificio» volle ricordare «l’apostolo, lo scrittore e il martire», forse oggi giudicato letterariamente modesto, ma indubbiamente grande per “amor di Patria e odio ai tiranni”. ↩
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Cfr. C.O. Gori, Franco Andreini, in «Storialocale», n. 5 (2005). ↩
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Cfr. C.O. Gori, Il ricordo dei combattenti pistoiesi nella Divisione Garibaldi in Jugoslavia e nei Gruppi di Combattimento sulla Linea Gotica, in «Camicia rossa», n. 2 (apr.–giu. 2005). ↩