Vita e morte di un “capitano coraggioso”
Luigi Giorgi, toscano di Carrara due volte Medaglia d’Oro al Valor Militare
Studiando le vicende della guerra di Liberazione trovai l’eccezionale figura, che qui voglio doverosamente ricordare, come ampiamente merita, di un militare già valutato dai suoi superiori come “ufficiale con forte personalità e ascendente sui suoi soldati”. Fu un giudizio, nel caso (e non sempre quello degli alti vertici militari lo è…), pienamente azzeccato, successivamente confermato appieno sul campo da una straordinaria abilità, sostenuta da un coraggio lucido, pienamente consapevole della necessità del riscatto della Patria, e da una generosità enorme verso i suoi uomini, fino all’estremo sacrificio: è questo il capitano Luigi Giorgi, eroe della Liberazione, nato a Carrara nel 1913 e morto a Cavarzere (VE), il 7 maggio 1945.
Giorgi è l’unico combattente di tutta la Guerra di Liberazione cui sia stata conferita per due volte la massima decorazione italiana e cioè, Medaglia d’Oro al Valor Militare sul campo e Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria.
Diplomato ragioniere e poi perito commerciale, il giovane carrarese nel novembre 1935 presta servizio nel Regio Esercito come allievo ufficiale di complemento presso la Scuola di Palermo e, l’anno successivo, viene promosso Aspirante. Assegnato al 21º Reggimento Fanteria della Divisione “Cremona”, dopo la nomina a Sottotenente viene inviato alla Scuola di Sanità Militare di Firenze per l’inquadramento del battaglione allievi. Congedato nel 1937, nel 1939 viene richiamato nel suo 21º Reggimento Fanteria della Divisione “Cremona” dove presterà servizio per tutta la durata della seconda guerra mondiale. Nel gennaio del 1940 ottenne la promozione al grado di Tenente, nel gennaio del 1942 quella a Capitano e dal 1943 ha il comando della 3ª compagnia fucilieri.
L’8 settembre 1943 trova Giorgi in servizio in Corsica, dove la gloriosa “Cremona” del generale Clemente Primieri, come del resto tutte le altre forze italiane stanziate nell’Isola (fra esse la Div. Friuli) facenti parte del VII comando corpo d’armata guidato dal gen. Giovanni Magli, al contrario di quanto generalmente accadde, non si squagliò, ma sconfisse le truppe tedesche costringendo i superstiti a riparare nel Continente.
Dopo che la “Cremona” fu poi trasferita a presidiare la Sardegna, mentre il grosso della Divisione rimaneva nell’Isola, il capitano Giorgi fece parte di alcuni reparti della grande unità che invece vennero inviati in Continente nelle zone già liberate dell’Italia meridionale e che poi, a fianco degli Alleati, presero parte, inquadrati nel CIL, a combattimenti nel settore adriatico. È una vicenda ben descritta dall’ufficiale pistoiese Alberto Bogiovanni, anche lui del “Cremona” nel suo bel libro La guerra in casa.
Giorgi, risale la penisola alla testa della sua Compagnia, quando, nell’estate del 1944 la Div. “Cremona” nel suo insieme ristrutturata, addestrata ed equipaggiata dai britannici, rientrò con gli altri reparti distaccati nel CIL nei ranghi della Grande unità d’appartenenza ora denominata (al pari delle divisioni “Friuli”, “Legnano” “Folgore”, Mantova” e “Piceno”) “Gruppo di combattimento”, inviato al fronte nella zona adriatica della Linea Gotica.
Il capitano nel marzo del 1945 in qualità di comandante della 3ª Compagnia nel suo ricostituito 21º Reggimento Fanteria, prese parte attiva alle operazioni belliche “Cremona”, sul fronte del basso Senio nella zona di Comacchio operando all’estrema destra dell’VIII Armata britannica.
Fu proprio in questa circostanza che Giorgi si guadagnò la prima Medaglia d’Oro: incaricato di eliminare un caposaldo tedesco difeso da reticolati e campi minati, con l’aiuto di due soli fanti offertisi volontari, lo attaccò a colpi di bombe a mano e riuscì a neutralizzarlo prendendo anche diciannove prigionieri.
Nel corso dell’azione, quando il suo reparto, che poi l’aveva raggiunto, aveva preso posizione sotto il fuoco d’artiglieria della sopraggiunta reazione tedesca, Giorgi si gettò allo scoperto sotto i colpi nemici per salvare due suoi soldati, rimasti bloccati tra le macerie di una postazione, riuscendo a portarli entro le linee amiche.
La notte seguente, saputo che un soldato di un altro reparto (del quale in questo caso conosciamo il nome, si trattava infatti del soldato ternano Menotti Conti, operaio comunista già partigiano della “Brigata Gramsci” e poi, come tanti ex–partigiani dell’Italia centrale dopo il passaggio del fronte, volontario nel “Cremona”), si trovava gravemente ferito in un campo minato, dove nessuno aveva osato avventurarsi, Luigi Giorgi lo raggiunse strisciando e, palmo a palmo, tastando il terreno, riuscì, dopo un’ora di sforzi, a portarlo in salvo.
Leggiamo qui quanto di ciò poi ricordò il ten. del Cremona Ugo Maizoni: «Il giorno precedente il Cap. Luigi Giorgi, comandante della 3ª Compagnia del 21° Reggimento Fanteria “Cremona” incaricato di compiere una azione dimostrativa lungo l’argine del fiume Reno, aveva compiuto una impresa memorabile. Dopo aver fatto fermare il suo reparto per evitargli perdite, da solo si era lanciato contro il caposaldo di Chiavica Pedone e aveva costretto alla resa 19 tedeschi facendoli prigionieri (…) Si era fatto buio, ma la reazione tedesca non si esauriva. Occorreva tenere la posizione resistendo ai contrattacchi nemici. Particolarmente insistente l’artiglieria che metodicamente, a brevi intervalli scagliava granate contro le nostre postazioni di fortuna: un vero e proprio tiro al bersaglio. (…) il Cap. Giorgi (…) pur non essendo direttamente impegnato nell’azione, era rimasto nelle immediate vicinanze del nostro avamposto. Gli era quindi giunta notizia che grida di soccorso provenivano da un campo minato dove qualcuno doveva essere finito nel tentativo di allontanarsi dalla zona più battuta dall’artiglieria nemica.
Nella notte fonda, strisciando sul terreno e facendosi scudo davanti con il fondo di una sedia era riuscito a raggiungere il povero soldato, che aveva perduto una gamba ma che stoicamente resisteva al dolore e lo aveva tratto in salvo evitando che morisse dissanguato. Voglio ricordare che per questa azione e per la precedente il Cap. Giorgi si meritava la medaglia d’oro sul campo, che gli veniva consegnata personalmente a Ravenna dal Maresciallo Alexander. Voglio anche ricordare che il soldato ferito era Menotti Conti della 9ª Compagnia, il partigiano che oggi [1979] Terni e Marmore si accingono a onorare degnamente. (…) Una notte, un episodio tra i tanti con tre uomini protagonisti; un partigiano–soldato di Terni, un fante sardo, un ufficiale di Carrara; tre italiani che si erano un giorno trovati assieme e assieme si erano battuti per respingere la sopraffazione e per affermare un ideale di libertà; l’emblema di una Italia che voleva risorgere!».
Qui Giorgi ebbe quindi la sua prima Medaglia d’Oro con la seguente motivazione ufficiale: «Comandante di compagnia all’attacco di un forte caposaldo nemico difeso da reticolati e campi minati, seguito da due soli fanti, volontariamente offertisi, si portava in pieno giorno a breve distanza dalla posizione avversaria. Lasciati indietro i due fanti, dopo avere guadato un braccio d’acqua, irrompeva sul caposaldo ancora battuto dalla nostra artiglieria e, con lancio di bombe a mano, seminava il panico fra i difensori, che si arrendevano in numero di 19. Raggiunto da un suo plotone completava l’occupazione del caposaldo e, sotto l’infuriare del rabbioso e micidiale fuoco di repressione, incurante della propria vita, allo scoperto, estraeva dalle macerie di una postazione colpita due suoi fanti rimasti sepolti, sottraendoli a sicura morte. La notte seguente, venuto a conoscenza che un fante di altro reparto trovavasi gravemente ferito in un campo minato, là dove nessuno aveva osato recargli soccorso prima di neutralizzare le mine, da solo strisciando sul terreno e tastandolo palmo a palmo, dopo oltre un’ora di estenuante sforzo, riusciva a trarlo in salvo. Splendido esempio di virtù guerriere di nostra gente e di generoso altruismo. Chiavica Pedone (RA), 2–3 marzo 1945».
Passò poco più di un mese e nella prima decina di aprile un’ampia offensiva alleata alla quale parteciparono anche le Divisioni (Gruppi di Combattimento) italiane “Cremona”, “Friuli”, “Legnano” e Folgore” portò al cedimento definitivo delle difese nazifasciste in tutto il Nord Italia. Tra il 10 ed il 13 aprile il gruppo “Cremona” prendendo quindi ampia parte all’“Operazione Sonia”, sfondò il fronte sul basso Senio ed avanzò per liberare Fusignano ed Alfonsine, superando poi il Santerno. Nel corso dell’offensiva che porterà la Divisione italiana a liberare Venezia, il giovane capitano del “Cremona” fu protagonista di un’altra audacissima impresa: alla testa di un piccolo gruppo di suoi coraggiosi soldati attaccò una grossa colonna di automezzi tedeschi che cercava di ripiegare e riuscì a bloccarla, catturando anche ottanta prigionieri e impossessandosi di molti camion e di una ingente quantità di armi e munizioni.
Tra il 26 e il 27 aprile, pochi giorni prima della fine della guerra, Giorgi ancora fu protagonista di un’altra generosa azione in località Croce di Cavarzere, proprio nel corso di un contrattacco nemico, quando incurante delle bombe, cercò di liberare due dei suoi soldati dalle macerie di una postazione distrutta.
Ma questa volta la fortuna che spesso aiuta i generosi e gli audaci lo abbandonò definitivamente: gravemente ferito venne ricoverato nel 66º Ospedale da campo inglese situato a Ferrara, e morì fra la disperazione dei suoi uomini, due settimane dopo, proprio in quel fatidico il 7 maggio 1945 in cui la Germania nazista firmava la resa incondizionata.
Alla sua memoria, oltre alla “Silver Star” conferitagli dagli americani “per eccezionali atti di valore”, gli venne assegnata la seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
«Nelle giornate della grande offensiva di primavera condotta in Italia dalle Armate Alleate ripeteva con lo stesso ardire e lo stesso stile altre imprese non inferiori a quelle che già gli avevano procurata la concessione di una Medaglia d’Oro. Nell’ultima di queste, alla testa di un gruppo di animosi, attaccava con irruenza una colonna dì automezzi che tentava il ripiegamento e la disperdeva a colpi di PIAT e di bombe a mano catturando 80 prigionieri, numerosi automezzi, rilevante numero di armi e munizioni.
Sempre alla testa dei suoi fanti riportava poi una grave ferita che poi lo conduceva a morte. Spirava serenamente col pensiero rivolto alla famiglia ed alla Patria nella luminosa soddisfazione di avere compiuto con piena coscienza ed assoluta modestia il suo dovere di soldato e di italiano, per il quale la concessione della prima Medaglia d’Oro non era stato un punto di arrivo, ma un punto d’onore per fare ancora di più e sempre meglio, come effettivamente ha fatto. Senio, Santerno, Po, La Croce di Cavarzere, 10–26 aprile 1945».
Ricordando…grazie Capitano!
Carlo Onofrio Gori