Lapide ai deportati nella Stazione di Pistoia
Memorie della Resistenza Pistoiese
Dopo l’8 settembre 1943 oltre un milione di soldati italiani che si trovavano in patria o all’estero, tra Francia, Iugoslavia, Albania, Grecia e isole dell’Egeo, vennero catturati e disarmati dai tedeschi ed in più di 600.000 mila finirono nei lager.
Anche sessanta militari di Pistoia subirono e condivisero questa sorte; per tutti riportiamo alcuni passi tratti da una testimonianza di Arnaldo Carobbi, allora militare in città: «Quando i tedeschi arrivarono al Distretto (…) Fummo costretti ad ammassare le armi nel piazzale (…) poi (…) incolonnati, senza nessun equipaggiamento (…) come pecore (…) fummo portati alla caserma Marini (…) Il giorno dopo (…) ci portarono a Firenze, ammassandoci nello stadio. Eravamo diverse migliaia. (…) Per noi cominciò il momento delle scelte difficili. Un ufficiale della Milizia (…) ci pose il primo dilemma impegnativo. Avremmo dovuto, secondo lui, accettare di entrare nella nuova Milizia fascista a fianco dei vecchi alleati nazisti e così saremmo rimasti in Italia; altrimenti i tedeschi ci avrebbero (…) deportati nei lager in Germania o in Polonia (…) i primi cento–centocinquanta avevano attraversato il campo era un po’ penoso guardarli (…) Poi all’improvviso si misero a cantare gli inni fascisti e allora scattò in quasi tutti noi una molla di rabbia mista a vergogna, urlando la nostra decisione di rischiare piuttosto la deportazione che andare verso coloro che ci parvero i fascisti. (…) Ci portarono alla stazione ferroviaria e fummo caricati in cinquanta–sessanta per vagone, chiusi, senza vitto, coperte o altro. Iniziò così un viaggio terribile verso una meta infame e sconosciuta1».
I nostri militari catturati non furono mai considerati come prigionieri di guerra, ma vennero classificati come “internati militari italiani” (IMI), il che comportava l’obbligo al lavoro forzato e l’impossibilità di poter usufruire dei controlli della Croce rossa internazionale e della tutela contemplata dalla Convenzione di Ginevra del 1929, firmata anche dalla Germania, che imponeva un trattamento umanitario.
Anche durante la loro prigionia nei lager tedeschi i nostri militari internati furono continuamente invitati, in cambio della loro liberazione, ad arruolarsi sia fra le truppe germaniche, sia, soprattutto, nelle forze armate della Repubblica sociale italiana. La stragrande maggioranza degli IMI oppose un categorico rifiuto a qualsiasi collaborazione rassegnandosi alle loro tragiche condizioni di vita.
La Resistenza nei campi di prigionia è costata, come confermato dai registri dei decessi compilati dai tedeschi in ogni lager, il sacrificio di ben 78.216 caduti.
Ma non solo i militari dovettero sopportare gli effetti della occupazione tedesca di un Paese considerato “traditore”: nell’ Italia occupata, dal 1943 al 1945, poterono essere pienamente applicate le aberranti teorie razziste e politico–totalitarie del nazismo.
Furono circa 40.000 gli italiani che vennero strappati dalle loro case dalle truppe tedesche di occupazione, spesso col supporto di militi della Repubblica Sociale, e deportati nei Lager che i nazisti avevano allestito in tutta Europa per l’eliminazione fisica di milioni di uomini, di donne e di bambini: ebrei, zingari, omosessuali, Testimoni di Geova, oppositori politici.
Fra i deportati italiani, quasi 10.000 furono gli ebrei e circa 30.000 i partigiani, gli antifascisti, i lavoratori, questi ultimi arrestati in gran parte dopo gli scioperi del marzo 1944. Soltanto uno su 10 poté tornare: il 90% venne annientato dalla efficiente macchina di sterminio hitleriana.
A tutti loro e ai cittadini pistoiesi deportati, l’Amministrazione comunale di Pistoia, su invito dell’Associazione ex internati, ha dedicato questa lapide.
Inaugurata nel corso di una imponente e significativa manifestazione, tenutasi il 25 aprile 1994, la lapide posta alla stazione ferroviaria così recita: «Ai pistoiesi che non fecero ritorno nella loro città dai campi di deportazione e di internamento 1943 1945. Pistoia li ricorda con la speranza di un mondo senza più reticolati. 1994. La Città di Pistoia».
Il disegno di un filo spinato sottolinea significativamente queste parole.
Carlo O. Gori
Note
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A. Carobbi, Memoria dattiloscritta… cit., pp. 93–99. I deportati toscani nei campi di concentramento tedeschi furono circa 40.000 (di cui circa 10.000 ebrei) ed alla fine della seconda guerra mondiale solo il 10% tornò a casa. Ad esempio, nella vicina Prato, in seguito allo sciopero generale dei primi di marzo 1944 organizzato dal Comitato di liberazione nazionale contro il fascismo e la guerra, sciopero che in quella città riuscì al 100%, furono arrestati per ritorsione circa 500 operai tessili e deportati nei campi di concentramento austriaci di Mauthausen e di Ebensee. Sui prigionieri militari (I.M.I.) ed i deportati civili italiani per cause politiche, razziali, religiose e sociali, soprattutto tra i libri editi in periodo più recente, ovviamente senza alcune pretesa di completezza, ci sembra giusto indicare alcuni dei titoli, che anche con particolare riguardo alle vicende toscane, ci appaiono fra i più interessanti, scusandoci per quelli che le ragioni di spazio ci impediscono di citare: Toscana. Consiglio regionale, Un treno per la memoria [Videoregistrazione] : Firenze–Majdanek, 25–29 gennaio 2004, Firenze, Regione Toscana, 2004; Ilda Verri Merlo, La speranza tradita. Antologia della deportazione politica toscana (1943–1945), Pisa–Firenze, Pacini–Giunta regionale toscana, 1992; Memoria della persecuzione degli ebrei con particolare riguardo alla Toscana, Firenze, ANFIM, 1989; Michele Di Sabato, Il sacrificio di Prato sull’ara del Terzo Reich, Livorno, Nuova Fortezza, 1987; Nicola Della Santa (a cura), I militari italiani internati dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943. Atti del Convegno di Firenze 14/15 novembre 1985, Firenze, Giunti, 1986; Mario Corona, Ricordare non è peccato : 1938–1944. Storia e vicissitudini di un condannato politico, Fucecchio, Edizioni dell’Erba, 2000; Minoranze, coscienza e dovere della memoria. Riflessioni recenti, 1998–2000. Documentazione storica, Napoli, Jovene, 2000; Gabriele Hammermann, Gli internati militari italiani in Germania. 1943–1945, Bologna, Il mulino, 2004; Primo Levi, Se questo è un uomo. La tregua, Torino, Einaudi, 2003; P. Levi, I sommersi e i salvati, Torino, Einaudi, 1986; Ada Neiger (a cura di), Primo Levi: il mestiere di raccontare, il dovere di ricordare. Atti del Convegno, Trento, 14 maggio 1997, Fossombrone, Metauro, 1998; Eraldo Affinati, Campo del sangue, Milano, Mondadori, 1997; Luigi Collo, La resistenza disarmata. La storia dei soldati italiani prigionieri nei lager tedeschi, Venezia, Marsilio, 1995; U. Jona ( a cura di), Deportazione e sterminio: saggi, documenti, testimonianze, Firenze, Lito Terrazzi, 1997; A.N.E.I., Resistenza senz’armi. Un capitolo di storia italiana 1943–45, Firenze, Le Monnier, 1984; Alessandro Natta, L’altra Resistenza. I militari italiani internati in Germania, Torino, Einaudi, 1997; G. Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943–1945, Roma, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio storico, 1992; Istituto Storico della Resistenza in Piemonte, Una storia di tutti. Prigionieri, internati, deportati italiani nella seconda guerra mondiale, Milano, Angeli, 1989; Nicola Labanca, Fra sterminio e sfruttamento, Militari internati e prigionieri di guerra nella Germania nazista 1939–1945, Firenze, Le Lettere, 1992; Hannah Arendt, La banalità del male, Milano, Feltrinelli, 1992; Alberto Cavaglion, (a cura di), Il ritorno dai lager, Milano, Angeli, 1993; Liliana Picciotto–Fargion, Per segreta destinazione, Milano, Mondadori, 1994; Lucio Monaco (a cura), La deportazione femminile nei lager nazisti, Milano, Angeli, 1995; G. Tedeschi, Memoria di donne e bambini nei lager tedeschi, Torino, Zamorani, 1995; Enzo Traverso (a cura), Insegnare Auschwitz, Torino, Boringhieri, 1995; Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei in Europa, Torino, Einaudi, 1996, Un mondo fuori dal mondo : indagine DOXA fra i reduci dai campi nazisti, Firenze: La nuova Italia , 1971, Piasenti Paride, Il lungo inverno dei lager. Dai campi nazisti, trent’anni dopo, Firenze, La nuova Italia, 1973; Edeltraud Kendler–Rudolf Pekar, Mai più. Documenti e testimonianze sul lager nazista di Ebensee [edizione italiana a cura di Giuseppe Bicci], Prato–Firenze, Comune di Prato–Provincia di Firenze, 1987; Enzo Gradassi–Ezio Raspanti, Prigionieri ad Anghiari. La vicenda del parroco di Micciano e di un campo di concentramento in provincia di Arezzo, Siena–Arezzo, Protagon editori toscani–Biblioteca Città di Arezzo, 1998. ↩