Engelbert Dollfuss
Il fondatore dell’“austrofascismo” che venne ucciso dai nazisti
Com’è noto, la Germania nazista il 13 marzo 1938 invase l’Austria, ma alcuni dimenticano che Hitler, ammiratore del fascismo di Mussolini e fondatore del partito nazista (Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei), con l’Anschluss non abolì una democrazia, ma annesse un Paese che da cinque anni stava vivendo un’esperienza politica totalitaria, definita “austrofascismo”, che solo pochi anni prima era stata ispirata ed appoggiata dallo stesso Mussolini.
Il realizzatore dell’“austrofascismo” fu il politico Engelbert Dollfuss. Nato a Texingtal il 4 ottobre 1892, piccolo proprietario terriero, entrò nella vita politica dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale e la dissoluzione dell’Impero austro–ungarico. Era uno dei principali esponenti del Partito cristiano–sociale e divenne Cancelliere il 10 maggio 1932, dopo avere ricoperto nel 1927, nel 1930 e nel 1932 rispettivamente le cariche di direttore della Camera di agricoltura della Bassa Austria, di presidente delle Ferrovie federali e di ministro dell’Agricoltura.
Quando ormai una buona fetta dell’elettorato cristiano–sociale cominciava a propendere per l’instaurazione di un regime fascista, Dollfuss divenne sempre più incline a tendenze corporative ed autoritarie operando per instaurare in Austria un regime clerico–fascista. In questo si ispirò e giovò all’estero del potente appoggio del fondatore e del capo del fascismo Benito Mussolini (frequentissimi saranno gli incontri fra i due sia in Austria che in Italia) e in Patria del movimento paramilitare cattolico della “Heimwehr” sorto in Austria nel 1918 e composto prevalentemente da ceti medi rurali per difendere la neonata Repubblica austriaca dal pericolo socialdemocratico e, dalle rivendicazioni della minoranza slovena in Carinzia.
In effetti all’apparato paramilitare del partito cattolico dei cristiano–sociali può essere fatta risalire la vera origine dell’austrofascismo, infatti gli Heimwehren nel loro “giuramento di Korneuburg”, del 18 maggio del 1930 condannarono “la lotta di classe marxista” le “riforme liberal–capitaliste” e il sistema multipartitico e parlamentare dell’Occidente individuando il “nemico” non solo nel relativamente piccolo partito comunista austriaco (Kommunistische Partei Österreichs – KPÖ), ma anche e soprattutto nella potente opposizione socialdemocratica del Sozialdemokratische Arbeiterpartei Österreichs (SDAPÖ) che dal 1919 governava la capitale Vienna, detta “Rotes Wien” (Vienna la rossa), sede di un peculiare esperimento amministrativo “austromarxista” sul quale torneremo qui in seguito.
Ideologicamente, quindi, l’austrofascismo, pur contrapponendosi in ambito di destra e su un piano inizialmente “concorrenziale” ai nazisti austriaci, favorevoli all’unificazione con la Germania, operò una sintesi fra l’esperienza fascista italiana ed il cattolicesimo conservatore austriaco.
Ispiratore della politica del cancelliere Dollfuss, fisicamente piccolo (a Vienna lo bollavano con l’appellativo “Millimetternich”, fusione di parole che accostava il cognome dell’ex statista austriaco Klemens von Metternich con l’aggettivo “millimetrico”), fu quindi Benito Mussolini e le tappe dell’esecuzione di questo disegno saranno: la fondazione, con l’aiuto del principe Ernst Rüdiger Starhemberg (una figura storicamente interessante sulla quale qui meriterebbe tornare) del Fronte Patriottico (Vaterländische Front, VF) partito politico di stampo fascista che basandosi sugli Heimwehren raccoglieva numerose sigle della estrema destra politica; la sospensione (marzo 1933) delle prerogative del Parlamento; lo scioglimento (maggio 1933) del Partito comunista a cui fece seguito la sanguinosa repressione, (operata dalla Heimwehr in collaborazione con le forze armate e anche col neonato partito nazista austriaco) dello sciopero generale insurrezionale messo in atto con l’intervento delle milizie operaie socialdemocratiche dello “Schutzbund” e che culminò nell’impiccagione di alcuni tra i principali organizzatori quali Koloman Wallisch, Joseph Stanek, Georg Weissel e Karl Münichreiter e nella messa al bando dell’intero movimento operaio (12–16 febbraio 1934); infine la promulgazione di una nuova Costituzione Corporativa (1° maggio 1934), che sancì la cancellazione delle superstiti istituzioni democratiche ed il consolidamento della dittatura clerico–fascista.
Dollfuss in politica estera, ovviamente, si legò strettamente al governo fascista italiano, con il proposito di difendere in tal modo l’indipendenza austriaca contro le mire annessionistiche della Germania di Hitler, salito al potere il 30 gennaio 1933, e il 17 marzo 1934 a Roma siglò per conto dell’Austria i cosiddetti “Protocolli di Roma”, un’intesa a tre fra Austria, Italia e Ungheria, che prevedevano sia facilitazioni doganali fra i tre Paesi contraenti che una collaborazione militare.
Ma le cose precipitarono il 25 luglio 1934: mentre Dollfuss si preparava ad incontrare ancora una volta Mussolini, che era in vacanza a Riccione, i nazionalsocialisti austriaci, su ispirazione di Berlino, tentarono di impadronirsi del potere riuscendo, in un primo momento, ad occupare alcuni edifici pubblici ed a penetrate nella Cancelleria.
Vediamo come andò: Dollfuss stava presiedendo il Consiglio dei ministri quando arrivò un grosso corteo di automobili con a bordo uomini che indossavano la divisa dell’esercito austriaco. Dollfuss pensò che i nuovi arrivati fossero i rinforzi della guardia. invece erano 150 congiurati nazisti che mettendosi a sparare all’impazzata occuparono facilmente la Cancelleria e poi anche la radio annunciando le dimissioni del Cancelliere, che colpito al collo stava morendo senza che nessun medico lo soccorresse. Nonostante la morte di Dollfuss, tuttavia, il moto nazista fallì.
La sera stessa le autorità governative austriache ripresero il controllo della situazione ed il 29 luglio si formò un nuovo Governo sotto la presidenza dell’ex ministro della Pubblica Istruzione Kurt Schuschnigg e i capi della congiura nazista Otto Planetta e Franz Holzweber vennero poi condannati a morte.
Mussolini non ebbe esitazioni nell’attribuire l’attentato al dittatore tedesco e diede personalmente l’annuncio alla vedova di Dollfuss, che si trovava ospite presso la sua villa di Riccione con i figli. Mise subito a disposizione del principe Ernst Rüdiger Starhemberg, il responsabile organizzativo del Vaterländische Front che nel maggio del 1934 era stato nominato da Dollfuss vice–cancelliere, e che trascorreva un periodo di vacanza a Venezia, un aereo che gli permise di rientrare a Vienna e di fronteggiare con la sua milizia, e con l’autorizzazione del Presidente della Repubblica Miklas, gli assalitori nazisti. Inoltre Mussolini, con forti dichiarazioni si fece apertamente paladino dell’indipendenza austriaca, ribadì più volte le differenze fra fascismo e nazismo ed ordinò, come monito per Hitler, che quattro divisioni italiane raggiungessero il Brennero.
Fu questo il momento di maggior attrito tra il fascismo ed il nazionalsocialismo. Dal canto suo Hitler, che alle prime notizie venute da Vienna aveva esultato, sorpreso dalla reazione italiana e dubbioso di essere già in grado di poter sostenere un conflitto con le potenze dell’Europa occidentale, dichiarò ufficialmente il proprio rammarico per l’uccisione di Dollfuss, declinò ogni responsabilità, sostituì l’ambasciatore a Vienna ed infine “scaricò” i congiurati espellendoli dal partito nazista ed impedendo loro di rifugiarsi in Germania.
A Dollfuss, come s’è detto sopra, successe come cancelliere Kurt Alois von Schuschnigg che mise al bando il Partito Nazista Austriaco, mentre la guida del Vaterländische Front fu assunta dal principe Starhemberg.
Sembrava l’ennesima vittoria dell’austrofascismo, ma sotto la pressione della potente Germania nazista si faceva sempre più forte il dominio politico e culturale dei nazisti austriaci.
Nel 1936 un patto con la Germania riconobbe l’indipendenza dell’Austria, ma la condizionava ad assecondare la Germania in politica estera. Mentre l’Italia fascista di Mussolini si orientava sempre più verso un’alleanza con la Germania nazista, lasciando cadere la protezione dell’Austria quale Stato–cuscinetto, Hitler impose a Schuschnigg di legalizzare nuovamente il Partito Nazista Austriaco e di ammettere i nazisti nei dicasteri chiave del governo e così il suo seguace Seyss–Inquart divenne Ministro degli Interni (16 febbraio 1938).
Schuschnigg tentò l’ultima carta per impedire l’Anschluss, cercando l’appoggio della Francia e della Gran Bretagna, ma inutilmente; inoltre cercò di indire un referendum popolare sulla questione, consapevole che la maggioranza della popolazione austriaca era contraria all’unione. Allora Hitler, furibondo, inviò un ultimatum a Schuschnigg, dove si chiedevano le sue dimissioni dalla carica di cancelliere e la sua sostituzione con Seyss–Inquart, pena l’invasione militare dell’Austria.
Schuschnigg cedette, ed il 12 marzo 1938 Seyss–Inquart divenne Cancelliere, ma per un giorno appena: il suo primo ed ultimo atto da cancelliere austriaco fu quello di invitare l’esercito tedesco ad invadere l’Austria ed ad indire un plebiscito pilotato per confermare l’annessione del suo Paese alla Germania nazista.
Il Vaterländische Front fu sciolto dai nazisti mentre gli Heimwehren in gran parte finirono per aderire al nazionalsocialismo.
L’Italia fascista che, a causa dell’isolamento da Francia e Inghilterra per le Sanzioni seguite all’invasione dell’Etiopia del 1935–36, stava via via migliorando i rapporti con la Germania che culmineranno poi nell’alleanza siglata il 22 Maggio 1939, non mostrò questa volta alcuna ostilità all’Anschluss.
Carlo Onofrio Gori